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Alla luce delle novità legislative sull'anatocismo bancario, grazie anche ai tanti casi in cui i clienti delle banche hanno ottenuto un rimborso, e alle recenti sentenze che condannano comportamenti scorretti, è sempre più alto l'interesse verso questo fenomeno, e le richieste di perizia e verifica di vari prodotti finanziari, come conti correnti e mutui.

Definizione di Anatocismo

L'anatocismo consiste nel calcolo di interessi su interessi. Ovvero, secondo il regime di capitalizzazione composta, gli interessi vengono capitalizzati (e quindi sommati) al capitale iniziale, e producono altri interessi.

Si ha anatocismo, ad esempio, quando gli interessi di mora su pagamenti già scaduti vengono calcolati sia sulla quota di capitale che sulla quota di interesse che compongono la rata messa in mora. In questo caso, infatti, l'interesse di mora verrebbe calcolato anche sull'interesse pattuito inizialmente tra debitore e creditore, generando un fenomeno anatocistico, non permesso dall'ordinamento giuridico.

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Anatocismo Bancario e Riferimenti Legislativi

Sostanzialmente il nostro ordinamento non permette un regime di capitalizzazione composta e sanziona l'anatocismo bancario.

I fondamenti legislativi si trovano nel codice civile, che all'articolo 1283 che non permette il calcolo di interessi su interessi, salvo alcune condizioni che hanno consentito in passato un'interpretazione larga e giudicata in seguito non lecita.

In generale, l'anatocismo non può essere applicato automaticamente dalla banca. Tuttavia, le condizioni in cui è lecito calcolare interessi anatocistici sono:

  • interesse calcolato dal giorno della domanda giudiziale, qualora attraverso un decreto ingiuntivo, il giudice consideri come un'unica somma dovuta sia il capitale iniziale che gli interessi pattuiti originariamente e già maturati, che diventano un unico e non distinto debito sul quale possono maturare altri interessi;
  • accordo tra le parti, stipulato successivamente, nel quale creditore e debitore si accordano per ulteriori dilazioni e considerino nel calcolo sia le somme originali che gli interessi che erano parte delle rate scadute;
  • La terza condizione dettata dall'articolo 1283 cc è la "mancanza di usi contrari". Quest'ultima condizione, di non chiara interpretazione, ha consentito alle banche Italiane, fin dal 1952, di addebitare in maniera generalizzata interessi anatocistici con cadenza trimestrale nei contratti stipulati per conti correnti, mentre gli interessi corrisposti ai clienti venivano calcolati con cadenza annuale.

Fino al 1999, questa prassi di anatocismo su conti correnti, insieme ad altre forme, veniva applicata da tutto il sistema bancario (autorizzato dall'ABI), in virtù appunto di un'interpretazione della legge a favore delle banche, che avevano un potere contrattuale decisamente più favorevole. Nel 1999 appunto si è avuta la prima sentenza della corte di Cassazione che ribalta l'orientamento interpretativo e stabilisce che tali clausole sono scorrette e non possono derogare quanto stabilito dal già citato 1283 c.c.

Dal 1999 a oggi, sono seguiti altri interventi legislativi, a partire dal D.L. 342 del 4 agosto 1999 che riequilibra la prassi dei conti correnti, per cui ci deve essere la stessa cadenza per il calcolo di interessi sia sul saldo attivo che sul saldo passivo. Lo stesso decreto stabiliva, sotto forma di norma transitoria anche una sanatoria per i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della nuova legge.

Infine, a partire dal 2002, venuta meno la parte transitoria della norma, la giurisprudenza ha continuato ad orientarsi con varie sentenze sull'anatocismo, estendendo l'interpretazione, con varie pronunce della Corte di Cassazione, anche ai contratti di mutuo.

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